SCARABOCCHI UBRIACHI



“Me le ricordo ancora quelle ore nel cuore della notte, sdraiato sul letto. Era come se ci facessi l’amore con la musica.” (Bartolo Federico, Scarabocchi Ubriachi).

Leggere Bart è un po’ come raccontarsi cose con un vecchio amico. Non importa quali cose e non importa chi dei due stia raccontando: chi ascolta sa già quale sarà la prossima parola, la prossima frase, la prossima citazione, la prossima rivelazione. Perché la prossima parola è già dentro l’amico che ascolta; affiora alla soglia della consapevolezza un nanosecondo prima di sentirla pronunciare. E tu – che ascolti, che leggi – ti dici: Sì, sì, è esattamente così, è sempre stato dentro di me, è esattamente così.

Leggere Bart è un po’ come raccontare cose a quell’unico amico che non ti lascia scampo, che per fortuna non ha pietà di te, l’amico a cui non puoi mentire perché ti smaschera prima ancora che tu abbia finito di parlare. Senza dire nulla. Sei tu a fermarti, a dirgli Ok, va bene, ho detto una cazzata. E il suo sorriso, a un tempo di rimprovero e di complicità, ti solleva dal timore di qualsiasi giudizio. Ti versa dell’altra birra, alza il suo bicchiere. Alla tua, amico. Qui nessuno è colpevole.

Leggere Bart è un po’ come riscoprire, con bambinesca sorpresa, quella che ti fa le labbra a O, di essere umani. Non ricchi, non poveri, non borghesi, non piddini, non grillini, non fascisti, non comunisti, non impiegati, non operai, non imprenditori non [continuate voi]. Umani e basta. Che, di questi tempi, è forse la cosa più complicata che si possa immaginare, e di certo la meno cool. Forse anche inutile: “[…] il vero potere è la corruzione, anche nei sentimenti” (“Ancora sei miglia per il cimitero”). A che serve, oggi, essere umani? Sicuramente non a vivere. Non basta. La vita te la devi “guadagnare”. Qualche ingenuo pensa ancora che un semplice atto banale come nascere conferisca il diritto alla vita. Nella nostra epoca, non è così.
Nei solchi dell’anima (dei personaggi) di Bart, un buon orecchio può cogliere il crepitio di un vecchio e consumato vinile di blues un attimo prima che si tramuti nella rabbia di chi è costretto a vivere ai margini di tutto, senza darsi pena di cercare un seconda possibilità perché non ha avuto nemmeno la prima. Questi racconti creano (in senso letterale) uno spazio che annulla la distanza tra Robert Johnson e Johnny Thunders e gettano uno sguardo malinconico e disincantato sulla vita come conquista quotidiana: i personaggi di Bart interagiscono nell’intimo di ognuno di noi, quasi fossero parte di un DNA collettivo. Come se avessimo già vissuto quelle storie, quei momenti, quelle intuizioni profondissime, ci rendiamo immediatamente conto che, in qualche modo, tutti viviamo ai margini di qualcosa.


Leggere Bart è un po’ come guardarsi allo specchio, riconoscere le nostre imperfezioni e accettarle per poi trasformarle in quella bellezza non convenzionale, che è l’unica forma di bellezza possibile in questa epoca di orrori e di nullità. Il nuovo Parnaso si trova nelle backstreets delle città, dove l’alloro poetico prima si rolla e poi si fuma: la Vera Bellezza esige che la corona sia di spine.

Evil Monkey, il “boss” del progetto:
http://theevilmonkeysrecords.blogspot.it/2014/03/scarabocchi-ubriachi-un-progetto-aperto.html

Mr. Hyde, il genio grafico:
http://cassetticonfusi.blogspot.com/

E Bart, il… be’, Bart è Bart e basta:
http://dustyroad-federico.blogspot.com/
 
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